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3 Dicembre: Celebrazione necessaria o Alibi collettivo?

Un gruppo di persone partecipa a un evento sull’inclusione: una donna seduta in carrozzina tiene un microfono e sorride mentre parla, affiancata da altre persone che la ascoltano e applaudono. Sullo sfondo è visibile un poster dedicato alla Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità.

Nota editoriale

ForAllWe si occupa di digitale, inclusione e accessibilità tecnologica. Tuttavia, in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, scegliamo consapevolmente di “derogare” al nostro piano editoriale. È un momento troppo importante per non fermarsi a riflettere sul contesto culturale e sociale che dà senso al nostro lavoro quotidiano. Questo articolo affronta la ricorrenza in modo diretto, critico e necessario.


La Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità arriva puntuale ogni anno. Tra post istituzionali e retorica, ci chiediamo: serve davvero o è solo un modo per sentirsi a posto per gli altri 364 giorni?

Ogni anno arriva puntuale: la Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità.

E ogni anno ci ritroviamo con gli stessi post istituzionali blu e bianchi, qualche hashtag di circostanza, una pioggia di frasi motivazionali e poi… tutto torna esattamente com’era prima.


Logo della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: una figura stilizzata al centro di un cerchio multicolore, accompagnata dal testo “Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – 3 dicembre”.

CURIOSITÀ: L'ORIGINE BUROCRATICA


Molti pensano che questa data sia "storica" come il 25 aprile.

In realtà, il 3 dicembre è stato scelto arbitrariamente dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1992 (Risoluzione 47/3).

Prima di allora, c'era stato un intero "Decennio delle Nazioni Unite per le persone con disabilità" (1983-1992).

La giornata nacque proprio perché, alla fine di quel decennio, ci si rese conto che non era cambiato abbastanza.


PERCHÉ È GIUSTO CHE ESISTA


1. La consapevolezza non nasce da sola

Che piaccia o no, senza una data ufficiale molte persone e istituzioni non parlerebbero mai di barriere architettoniche, diritti negati e discriminazioni quotidiane.

Una giornata dedicata crea un minimo di attenzione collettiva.

E senza attenzione, i diritti restano lettera morta.

2. Costringe le istituzioni a esporsi

Le pubbliche amministrazioni, le scuole, le aziende e le fondazioni si trovano costrette almeno una volta l’anno a dichiarare pubblicamente che la disabilità esiste.

E questo, nel bene o nel male, muove qualcosa: progetti, fondi, iniziative che magari altrimenti non partirebbero.

3. Dà spazio pubblico ai protagonisti

Non si parla solo “di” disabilità, ma con chi la vive.

È un’occasione per far emergere voci che troppo spesso vengono ignorate o normalizzate dal rumore quotidiano.

4. Crea reti

Molti progetti associativi, collaborazioni strategiche e iniziative nelle scuole nascono proprio sulla scia di queste giornate, sfruttando l'onda mediatica.


PERCHÉ NON BASTA (E RISCHIA DI FAR DANNI)


1. L'alibi collettivo

Il rischio più grande?

Che il giorno dopo il 3 dicembre, la gente si risvegli con la coscienza pulita, come se aver messo un "like" avesse risolto il problema dell'accessibilità.


2. La "tema-tizzazione" della realtà

Un solo giorno all’anno rafforza l’idea tossica che la disabilità vada tirata fuori "a tema", come il Natale o Halloween, invece di essere integrate stabilmente nelle conversazioni su cittadinanza, scuola, lavoro, economia e tecnologia.


3. Il pietismo mascherato

Le campagne mal fatte esistono: quelle che usano la disabilità per fare “tenerezza” (il cosiddetto Inspiration Porn) o per vendere un’immagine pulita dell’ente che le ha commissionate. Questo fa più danni che altro, riducendo le persone a strumenti comunicativi e non a soggetti dotati di dirittià.


4. Rappresentazione limitata

Si parla quasi sempre delle stesse disabilità, delle stesse storie "eroiche".

Il rischio è trasformare un’intera comunità eterogenea in una foto patinata da brochure, ignorando le disabilità invisibili o quelle "scomode".


CURIOSITÀ: IL CONCETTO DA CONOSCERE, "INSPIRATION PORN"

Il termine è stato coniato dall'attivista australiana Stella Young.

Indica l'abitudine dei media di rappresentare le persone con disabilità come "eroi" solo perché vivono la loro vita quotidiana.

L'obiettivo di queste narrazioni non è emancipare chi ha una disabilità, ma far sentire meglio le persone normodotate ("Se ce la fa lui, non ho scuse io").

È l'esatto opposto della parità: è oggettivazione emotiva.


Ritratto di Stella Young seduta su una carrozzina elettrica, con abiti neri e scarpe rosse a pois, che guarda l’obiettivo con un’espressione sicura. Accanto a lei è riportata una citazione in inglese: “Disability doesn’t make you exceptional, but questioning what you think you know about it does”, attribuita a Stella Young.


CONCLUSIONE:


  • La giornata serve?

Sì.

  • Basta da sola?

Nemmeno per sogno.


Abolirla sarebbe un favore ai distratti, a chi non vede l'ora di non doverci pensare nemmeno quel giorno lì. Ma tenerla senza cambiare atteggiamento è un esercizio di stile inutile.

Il punto non è la Giornata. Il punto è cosa facciamo dal 4 dicembre al 2 dicembre dell’anno dopo. Se la data serve a ricordare un impegno, ha senso.

Se serve a sostituirlo, è una truffa.


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